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Grazie alla nuova generazione di intelligenza artificiale, queste macchine sono dotate di capacità cognitive. E questo non è il loro unico progresso (L’Express)

Il suo viso non ha occhi, né naso, né bocca. Solo uno schermo, una striscia digitale orizzontale, gli copre il volto. Quasi un’allusione sarcastica alla nostra epoca iperconnessa. Alla sua attivazione, avverte: “funzionerò con l’aiuto di OpenAI”, il creatore di ChatGPT. Si vedrà presto. Il robot era oggetto di una nuova dimostrazione poche settimane fa. “Ciao, cosa vedi ora?”, chiede un ingegnere. “Vedo una mela rossa su un piatto al centro del tavolo, uno scolapiatti…” Saldo sulle sue due gambe, il robot descrive perfettamente lo spazio davanti a sé, con una voce lenta e metallica, come se venisse dalle sue viscere. “Posso avere qualcosa da mangiare?”, chiede il suo interlocutore. “Certo”, risponde subito la macchina zelante. “Puoi spiegarmi perché hai fatto questo?”, interroga l’umano, passandogli una cassa e ordinandogli di gettarvi dei rifiuti. Contemporaneamente e con facilità, il robot esegue il compito cognitivo – spiegare la sua azione – e la missione fisica – sgombrare.

La società americana ha recentemente raccolto 675 milioni di dollari da investitori prestigiosi: OpenAI, Microsoft, e anche Amazon. Grandi nomi della Big Tech. Questa start-up incarna i progressi fulminei della disciplina. Come ha attestato la dimostrazione, l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa ha avuto un grande impatto. La nuova generazione di IA ha, infatti, sbalordito il mondo intero. Per la prima volta, è possibile parlare in linguaggio naturale con una macchina e vedere che questa risponde a una domanda o a un ordine per i quali non è stata specificamente addestrata. Mentre si pensava che queste IA fossero incapaci di eccellere in compiti manuali, l’evoluzione tecnologica sta ora dimostrando il contrario. Nel settore si sta diffondendo un’idea: i robot umanoidi dotati di braccia e gambe potrebbero essere un buon modo per sfruttare questo potenziale. Potrebbero andare a prendere oggetti, assistere in magazzini o ospedali, pattugliare piattaforme petrolifere o fognature, luoghi dove si preferisce inviare sempre meno esseri umani. 

L’idea di dotare i robot di un cervello simile a quello umano non è nuova: la fantascienza è stata la prima a immaginarla, e il “droide di protocollo” C-3PO di “Star Wars” o il Terminator ne sono solo alcuni esempi. Fino ad ora, i test non sono stati conclusivi. Poco comunicativi e spesso non molto maneggevoli, i robot si sono principalmente diffusi nell’industria sotto forma di bracci articolati o trasportatori di merci, come strumenti che obbediscono a regole molto codificate. I grandi modelli di linguaggio, o LLM (per “large language models”), che sono la base delle applicazioni generative, hanno cambiato le regole del gioco. Questi modelli sostituiscono enormi database per i robot, dandogli la possibilità di manipolare oggetti che non hanno mai visto, di muoversi in ambienti mai visitati prima.

La robotica sfrutta altri progressi tecnologici, in particolare la qualità della visione. Ora i robot vedono bene quanto gli umani. Forse anche meglio. Questo è il frutto di numerosi studi condotti per creare veicoli autonomi capaci di identificare pedoni, segnaletica stradale o cartelli a grande velocità. Le capacità sensoriali delle macchine sono un altro campo di questi studi. I robot in fabbrica, come quei bracci che assemblano auto, non sentono gli sforzi che fanno e chiedere loro di trasportare oggetti fragili è rischioso. L’umanoide Apollo, sviluppato da Apptronik, può ad esempio muoversi con un carico di 25 chili sulle braccia. Phoenix, della compagnia Sanctuary AI, sa scansionare un codice a barre con un lettore ottico. Con ancora più destrezza, un Optimus di Tesla sa maneggiare un uovo senza romperlo.

A gennaio, Figure ha mostrato il suo robot servirsi una tazza di caffè con una macchina a capsule. L’H1 della società cinese Unitree ha battuto il record mondiale di velocità, avanzando a 12 chilometri all’ora, una buona andatura da corridore. Anche i robot fanno mostra di un’agilità fenomenale, come i quadrupedi sviluppati da Boston Dynamics: camminano bene su ogni tipo di terreno con molta autonomia. Sono capaci di cadere e rialzarsi facilmente, di avventurarsi nella natura o in siti non progettati per i robot. Ancora non gli umanoidi, che talvolta necessitano di motori pesanti per sollevare le gambe e sono generalmente molto instabili. Bisogna anche tenere a mente che i robot sono dotati di una batteria che generalmente dura tra un’ora e quattro ore. E che, in caso di guasto o rottura, cosa che capita frequentemente durante una caduta, è necessario ripararli. impressionare.

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