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La capitale austriaca porta i segni dello scopritore dell’Io e del Super-Io”: un mondo borghese abitato dallo psicologo prima di andare in esilio a Londra (Le Monde)


Vienna è anche e forse soprattutto Freud. Si parte dal 19, Berggasse come in pellegrinaggio. Lì visse Sigmund Freud per quasi mezzo secolo prima di fuggire a Londra nel 1938, minacciato dai nazisti. Qui nacque la psicoanalisi e furono ricevuti i primi pazienti, spesso membri della buona società viennese che salivano una scala prima di suonare alla porta, togliersi il cappotto e attendere nell’anticamera. È un edificio borghese, massiccio e scolpito, come ce ne sono in quel quartiere a nord del Ring – il boulevard circolare -, allora popolato da medici, funzionari e aristocratici. Trasformato in museo nel 1971, rinnovato e ampliato nel 2020, l’appartamento di Freud riceve 130.000 visitatori all’anno. Mancano il divano di Freud e la maggior parte dei mobili esiliati con il professore a Maresfield Gardens, in quello che è diventato il Freud Museum di Londra. A Vienna, solo la panchina della sala d’attesa, un tavolino e due poltrone immergono il visitatore nell’atmosfera di uno studio di psicoterapia. Come in analisi, da un dettaglio emerge una rivelazione, da un oggetto nasce un mondo: un paio di occhiali da rifare, dimenticati dall’ottico nel 1938; un portacenere Art Nouveau posato sul mobile all’ingresso; una scheggiatura sulla vetrata multicolore che spiega l’assenza di un appendiabiti sulla parete (questo doveva sbattere ogni volta che si apriva la finestra). Documenti, libri e fotografie completano il percorso. I film in bianco e nero di Marie Bonaparte, grande amica di Freud, mostrano quest’ultimo in campagna. E dimostrano che, d’estate, nei dintorni di Vienna, il professore dall’aria seria sapeva anche rilassarsi. Il negozio del museo permette di acquistare feticci pop: Freud giovane su una tazza, berretto e cappello freudiani, spugna “Neurose” (“nevrosi”)…


Numerosi segni della vita dell’inventore dell'”Io”, del “Es” e del “Super-Io” sono disseminati nella capitale austriaca. Freud era prima di tutto un neurologo, quindi ha il suo posto al Museo della storia della medicina. L’Accademia Josephinum, fondata nel 1785 da Giuseppe II, presenta una incredibile collezione di disegni di uomini scorticati, essendo allora vietata la dissezione dei morti. Non adatto ai deboli di cuore, ma, dopotutto, “l’Io è soprattutto corporeo”, diceva Freud. Al piano terra appare il suo ritratto e un commovente curriculum vitae manoscritto (“Sono nato nel 1856 a Freiberg…”). Più avanti, sul Ring, nel cortile d’onore dell’università, il suo busto affianca quelli degli illustri: il filosofo Karl Popper, il musicista Anton Bruckner, il fisico Erwin Schrödinger, lo psichiatra Richard von Krafft-Ebing… Il Museo ebraico della Dorotheergasse espone la sua imponente borsa da medico (con le iniziali “S. F.”).


Dall’altra parte del canale del Danubio, poiché l’infanzia è determinante, vale la pena esplorare il quartiere di Leopoldstadt, antico ghetto popolato da ebrei ortodossi. Freud visse con i suoi genitori in Pfeffergasse. Al Karmelitermarkt, mercato all’aperto con numerose terrazze, è piacevole sedersi a tavola.


Lasciando Vienna in tram e poi in bus che sale verso le colline, si raggiungono i vigneti della periferia e le taverne dove gustare una cotoletta viennese accompagnata da grüner veltliner, il vino bianco locale. È l’inizio dei sentieri di trekking. Per Freud, la cosiddetta prateria Bellevue fu il luogo della rivelazione. Qui si abbracciano i contrafforti delle Alpi, la città distesa e, più lontano, i monti della Slovacchia. Una stele lo ricorda: nella notte tra il 23 e il 24 luglio 1895, soggiornando su queste alture alla Villa Bellevue, oggi scomparsa, Freud fece un sogno determinante. Ebbe l’intuizione che le immagini che ci attraversano di notte sono eloquenti. “Die Traumdeutung” (L’Interpretazione dei sogni) sarebbe apparso cinque anni dopo, giusto in tempo per inaugurare un nuovo secolo.