In Mozambico e in Kenya, un uccello selvatico guida i cacciatori di miele indica la posizione dei nidi d’api in cambio della cera da essi prodotti.La rivista Science ha raccontato una storia che sembra una fiaba: questo raro uccello è il grande indicatore (Indicator indicator), una specie endemica dell’Africa subsahariana, uno dei pochi uccelli capaci di digerire la cera.

È una vera fiaba di Natale. “C’era una volta un uccello africano che, molto, molto tempo fa, aveva fatto un patto con l’uomo…” Il seguito è altrettanto magico. La creatura alata, infatti, amava la cera d’api. Trovare i nidi selvatici nascosti in un albero era un gioco da ragazzi; il piccolo volatile, tuttavia, temeva le punture degli insetti. D’altra parte, l’essere umano, con le mani abili, si deliziava con il miele prodotto da questi insetti; tuttavia, doveva trovare la loro dimora. Purtroppo, lui non era molto bravo in questa impresa, ma si dimostrava molto abile nel fumigare l’alveare e rubare i loro tesori. L’uccello complice e l’uomo, quindi, fecero un accordo tacito. All’uccello spettava la guida dell’uomo ai nidi; in cambio, quest’ultimo avrebbe ricompensato il suo pilota piumato offrendogli frammenti del banchetto: pezzi di cera. Senza dimenticare, ovviamente, di prendere in anticipo la preziosa sostanza ambrata.

Con il ventre bianco, le ali macchiate di giallo e il dorso adornato di piume nocciola sotto i suoi 50 grammi, il furbo nasconde bene il suo gioco. Perché il patto che ha stretto con i cacciatori di miele è eccezionale. Nella natura, ci sono molti esempi di mutualismo tra due specie selvatiche: una relazione duratura e vantaggiosa per entrambi i partner. Ma qui, il nostro uccello non è né addomesticato né costretto. Conosciamo solo un altro caso di mutualismo tra un essere umano e un animale selvatico: i delfini che guidano i banchi di cefali verso le reti dei pescatori sulle coste del Brasile.

Già nel 1588, un missionario portoghese di nome Joao dos Santos aveva osservato uno di questi uccelli mangiare le candele nella sua chiesa, nell’attuale Mozambico. Successivamente, descriverà la sorprendente alleanza con l’uomo. Ma la veridicità del suo racconto sarà riconosciuta solo nel 1989 grazie alle osservazioni di due naturalisti che si sono recati in Mozambico e in Tanzania per seguire rispettivamente il popolo Yao, una cultura bantu, e il popolo Hadza, cacciatori-raccoglitori. Ciascuna di queste etnie utilizza un suono specifico per chiamare l’uccello.
L’uccello emette quindi un richiamo e vola da un ramo all’altro per guidare il suo compagno umano fino allo sciame. Per non perderlo lungo la strada, continua a emettere il suo “chiacchiericcio” sonoro e sventola la sua coda di piume con ogni invio: una sorta di segnale luminoso. Una volta trovato il bottino, aspetta che l’uomo raccolga il miele per nutrirsi dei pezzi di alveare e delle larve cadute a terra, o lasciate in ricompensa dai cacciatori di miele. A volte è lui stesso a prendere l’iniziativa della collaborazione, avvertendo l’uomo quando ha trovato un alveare. L’uccello guida i suoi compagni umani per una distanza sino a 800 metri.

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